martedì 20 novembre 2007

Commento e Analisi de 'La Roba' di Verga - Alessandra Cestaro


I temi che possono essere identificati all’interno di questo brano sono molteplici. In primo piano è evidente l’esposizione del concetto ‘dell’apparenza che inganna’. La presentazione di questo argomento è proposta in due tempi. Prima, introducendo il personaggio (che è poi anche il protagonista) di Mazzarò indirettamente. Questo accade attraverso una lunga ed ‘interminabile’ sequenza descrittiva; proprio come la ‘roba’ del protagonista (i suoi possedimenti), che è infatti il soggetto della descrizione con cui si apre la narrazione. In secondo luogo, viene immesso al racconto il medesimo personaggio per mezzo di una descrizione diretta , riguardo l’apparenza fisica, la personalità, le esperienze passate ed i modi di fare relativi a Mazzarò. Il porre in contrasto le due rappresentazioni del personaggio principale nell’ordine particolare in cui sono riportate (prima l’esibizione indiretta e a seguire quella diretta) crea una reazione inaspettata quando si viene a conoscenza con la persona ‘reale’ di Mazzarò nella seconda descrizione. Questo succede a causa dell’effetto prodotto dalla ripetizione insistente, nella prima parte del racconto, del nome di Mazzarò che accompagna la vastità dello spazio presentato e del suo contenuto. La vastità dello spazio descritto è posto in evidenza dal continuo cambiamento del punto di vista del narratore. Essendo onnisciente e avente focalizzazione zero il punto di vista del narratore si muove prima al viandante (quando la narrazione avviene in terza persona) e conseguentemente passa al lettore (come è facile identificare dall’utilizzo del indicizzazione ‘vi’, significando ‘a voi). In questo modo il continuo cambiamento del punto di vista fa si che il narratore appaia ovunque, facendo accrescere la grandezza dello spazio trattato. Inoltre, l’infinità della ‘roba’ è sottolineata dall’uso dell’enumerazione nell’elencare gli oggetti presenti in questo termine. Il soffermarsi della narrazione continuamente sui particolari, la presentazione di nuovi oggetti che va sempre rinnovandosi, l’uso di espressioni che allungano la durata temporale:  ‘una vigna che non finiva più’, ‘e cammina e cammina’, ‘passavano il guado lentamente’ danno al ritmo e alla scorrevolezza della narrazione un’incredibile ‘assopimento’, un senso di calma esagerata. La lentezza pronunciata delinea maggiormente la vastità indecifrabile della ‘roba’. ‘L’uliveto folto come un bosco’. L’uso di similitudini per paragonare delle parti della ‘roba’ ad elementi più ‘espansi’ incrementa l’idea di enormità dei possedimenti di Mazzarò. La relazione che è creata tra il nome del personaggio e l’infinità di ‘roba’ che viene descritta fornisce un’immagine negativa del protagonista; una figura soprastante chiunque altro con tanto di superbia a caratterizzarla. Quest’immagine viene però smentita per mezzo della descrizione diretta del protagonista che appare invece come un uomo a cui è stata ripagata la sua enorme fatica lavorativa con l’acquisizione di tutta la sua ‘roba’ che lo soddisfa moltissimo. Inoltre Mazzarò viene presentato come un uomo modesto, ed un personaggio rispettato da coloro che gli sottostanno per via del suo compatimento verso di loro (essendo stato anche lui un umile contadino). Numerosi sono quindi i temi che vengono presentati attraverso la figura del protagonista ed il suo sviluppo: ‘l’ottenimento di buon risultati grazie alla fatica e all’umiltà’, ‘la modestia che compra il rispetto e l’ammirazione al contrario della superbia’, ‘l’importanza di avere una dedizione individuale nella vita spinta dall’ambizione’.
“ …e sì ch’era ricco come un maiale; ma aveva la testa ch’era un brillante, quell’uomo. Infatti, colla testa come un brillante, aveva accumulato tutta quella roba, dove prima veniva da mattina a sera a zappare…”
“La sua bocca mangiava meno di tutte, e si contentava di due soldi di pane e un pezzo di formaggio, ingozzato in fretta e furia all’impiedi”. La presentazione di Mazzarò come due persone diverse lo fa apparire come un uomo allo stesso tempo ricco, ma umile, che avendo vissuto le difficoltà e le fatiche dei contadini ora, pur essendo ricco si accontenta del minimo che gli è indispensabile e questa sua umiltà e modestia gli compra l’ammirazione ed il rispetto da parte dei suoi sottostanti. 
Il tema finale con cui si conclude il brano è quello della ‘dedizione per un interesse, guidato dall’ambizione’. Nel caso di Mazzarò è evidente che l’interesse in questione è ‘la roba’ che lui possiede e che ha lavorato duro per arrivare ad ottenere. L’ambizione di Mazzarò però, eccede e la sua ‘ingordigia’, la sua ‘fame’ per la ‘roba’, per averne sempre di più lo porta a trovarsi in uno stato di dipendenza da questa sua dedizione. ‘Questa è un’ingiustizia di Dio, che dopo di essersi logorata la vita ad acquistare della roba, quando arrivate ad averla, che ne vorreste ancora, dovete lasciarla!” Mazzarò infine impazzisce quasi, nel realizzare per la prima volta (non avendo avuto tempo prima, data la completa devozione del suo tempo all’aumentare la sua roba) che la ‘roba’ ormai non gli è più di nessun uso. Il ricco siciliano ha dedicato tutta la sua vita ad accumulare ‘roba’, giungendo a possedere numerosissimi terreni, che sono tutti però possessi materiali temporanei, come la vita. Quando Mazzarò, si ritrova privo di affetti, a causa della poca devozione nel coltivarne, al contrario di quella impiegata nella sua roba, viene prevalso da un senso di egoismo spinto dalla rabbia e dal senso di essere vittima d’ingiustizia. Questo improvvisa ‘esplosione interna’ in un personaggio che sembrava una figura ammirevole è l’incarnazione del risultato di troppa ambizione che nella porta a prevalere valori precari e superficiali che non danno mai la possibilità di raggiungere un’affermata soddisfazione poiché spingono sempre a ‘volerne di più’. Anche Mazzarò realizza che purtroppo l’invidia verso chi invece, pur non possedendo niente ha ancora davanti la possibilità di non sbagliare l’importanza da attribuire a certi valori nella vita, che è l’esatto errore che invece ha commesso lui: “E se un ragazzo seminudo gli passava dinanzi[…] gli lanciava il suo bastone fra le gambe, per invidia, e borbottava: - Guardate chi ha i giorni lunghi!costui che non ha niente!”
L’egoismo, è risultato della mancanza di affetto ricevuto e di conseguenza dimostrato verso gli altri. Mazzarò che “egli solo non si logorava, pensando alla sua roba, ch’era tutto quello ch’ei avesse al mondo; perché non aveva né figli, né nipoti, né parenti, non aveva altro che la sua roba”, dimostra di essere l’egoismo in persona data la mancanza di affetti e la perdita di tutto ciò ch’era la sua ragione di vita (la sua roba e l’aumentare di questa non rendendolo mai sazio).
‘Sicchè quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo […] e strillava – Roba mia, vientene con me!.” E’ evidente la rappresentazione di quest’ultimo tema nella reazione di Mazzarò che fa da chiusura al brano; quest’uomo non sapendo nemmeno cosa s’intenda per ‘pensare all’anima’ (avendo scelto di non avere esperienze affettuose) non accetta di lasciare la sua roba ritenendo ingiusta l’impiego di tutta la sua fatica ed il tempo perso per un ‘qualcosa’ d’indefinito che ora terminerà senza avergli mai dato una soddisfazione concreta. In questo suo ‘raptus’ d’egoismo decide di portare quello che può via con sé, quando morirà. “– Roba mia, vientene con me!.”
Il termine ‘la roba’ è il titolo del brano perché significando come termine generale: ‘un ammucchio di cose qualsiasi’ da generalità ai possedimenti di Mazzarò che vengono narrati nel brano, ma sofferma l’attenzione sulle conseguenze che la troppa ambizione per una dedizione precaria in particolare possono portare su una persona e sulla vita di questa privando di significato e di valori ‘validi’ quest’ultima. La vaghezza e la genericità del termine ‘la roba’ fa si che  i temi contenuti nel brano possano essere interpretati da ciascun individuo singolarmente ed individualmente per contenere la propria ambizione e la propria univoca dedizione per la propria ‘roba’ qualunque essa sia. 

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