La lirica ‘Canto
d’Autunno’ fa parte della sezione ‘Spleen et Ideal’ della raccolta ‘I fiori del
male’. La collocazione della poesia premette automaticamente che al suo interno
si potranno trovare sfumature dei temi, polarmente opposti, dell’Ideale o dello
Spleen; tipicamente Baudelariani.
Lo Spleen è il
malessere che rende tale ed unica la condizione dell’essere umano, è l’angoscia
di vivere compenetrante la noia che affligge l’esistenza di questi. Baudelaire
descrive la sensazione, con meticolosa definizione dei dettagli, nella lirica
‘Spleen LXVIII’. Inoltre, denuncia l’inevitabile sottomissione dell’uomo a
questa ed il suo essere incapace di avvertirla consciamente. Lui stesso,
differentemente dagli altri, è consapevole del dominio che lo ‘Spleen’ ha sulla
vita umana e manifesta l’angoscia portatagli da tale situazione attraverso le
sue opere.
In ‘Chante
d’Autumne’ è resa evidente l’associazione, a questa stagione, di un’ identità
in sè antistante: l’autunno come lo sbiadirsi del ricordo lontano dell’estate
assieme al suo acclamare l’inverno incombente.
E’ quest’ultimo attributo dell’Autunno ad essere introdotto per primo
alla lirica, dando così maggiore importanza all’angoscia, al mistero che
arriverà con l’inverno. Minor rilievo è dato alla piacevolezza del ricordo
(relativo all’estate) che assume le vesti di una nostalgia pungente, quasi
fastidiosa.
L’antitesi
dell’argomento trattato è evidente a priori nel titolo stesso. La parola
‘Canto’ non è preceduta da alcun articolo ed in questo modo vi è attribuita
esclusività ed universalità, quasi ad indicare che è l’unica versione esistente
di ‘canto’. Quest’ultimo, inoltre, è strettamente legato all’area semantica
dell’udito, della musica che racchiude in sè le caratteristiche di armonia, di
arte, di talento. Queste facoltà sono proprie anche della poesia, poichè essa
origina proprio dalla musica. ‘Canto’ quindi si riferisce ad un componimento di
forma ritmata che ha una funzione espressiva. La melodicità, la pace e la
piacevolezza sono però in contrasto con le caratteristiche dell’Autunno. Questa
stagione porta la morte della natura, è caratterizzato dalla carenza di luce,
l’oscurità e la sensazione di avvilimento e cupezza ch’esse implicano.
L’antitesi
‘Canto d’Autunno’ implica quindi una partizione tra conformità ed avvilimento.
Inoltre, l’assenza di un articolo a priori di ‘Canto’ porta a descrivere
l’esistenza di quest’ultimo come possibile soltanto se trattante l’Autunno.
L’idea trasmessa è quella di eritmia come fenomeno dipendente dalla
desolazione. Il titolo introduce un componimento che avrà un fine espressivo di
sensazioni quali il disagio, la malinconia, l’afflizione; nonchè costituenti
dello ‘Spleen’.
Quest’angoscia è
costante nella poesia ed immediatamente introdotta attraverso l’utilizzo del
pronome quantitativo ‘poco’ nel primo verso. Questo indica la scarsità, che
porta insoddisfazione, relativa al tempo mancante all’inverno (che è imminente).
Inoltre, ‘ancora un poco’ allarma di un urgente arrivo, richiamando così
l’attenzione del lettore una prima volta, per poi esagerare l’immedesimazione
di questi all’interno della composizione. Questo avviene per mezzo
dell’utilizzo della prima persona plurale come soggetto sottointeso:
‘c’immergeremo’. Per lo piu’, il verbo ‘immergersi’ è riflessivo, implicando
così l’attività del soggetto nel compiere l’azione dello ‘sprofondare’, dell’
‘affondare’, essendo quindi qualcosa di comunque difficilmente irriversibile e
quindi di imprigionante, che avvolge interamente e con forza. L’inevitabilità
di questo evento è sottolineata dalla scelta del verbo al futuro che la
presenta come una premonizione, una visione.
La destinazione
dell’inabissarsi precoce e premeditato è : ‘le fredde tenebre’. La sinestesia
corrispondente a questo luogo accresce la partecipazione del lettore. L’aggettivo
‘fredde’ indica una percezione data dal tatto mentre ‘le tenebre’, nonostante
la loro proprietà di oscurità sono associate all’area semantica della vista. La
percezione avviene, quindi, attraverso una combinazione di sensi che ne migliora
così l’efficienza. Le tenebre inoltre sono astratte poichè corrispondenti ‘al
buio’ ma vi è data una delimitazione quantitativa dalla loro rappresentazione
al plurale :’fredde tenebre’. Vengono, di conseguenza, avvertite come una
molteplicità, una collettività di astrattaggine. Inoltre non sono esperibili empiricamente e
di conseguenza non portano ad alcun tipo di conoscenza. Quest’immagine da
origine alla sensazione del mistero, tema importante che si sviluppa nella
lirica. Questo motivo porta al radicarsi della sensazione dell’angoscia: le
‘fredde tenebre’ hanno come unica caratteristica attribuitavi, la gelidità (che
porta disagio e fastidio) e l’astrattaggine (che rappresenta l’incomprensione e
l’impossibilità di conoscenza). Il provare disagio e non comprenderne l’origine
porta ad una sensazione di angoscia elevatissima.
La
‘luce’ nel II° verso possiede le connotazioni di brillantezza, è sinonimo di
conoscenza, di chiarezza ed è descritta come ‘viva’. L’antitesi che si forma
tra questa e ‘le tenebre’ è evidente; per lo piu’ rendendo quest’ultime la
rappresentazione della morte. Altri elementi soggiungono ad evidenziare il
contrasto tra il tema della vita e quello della morte: l’estate (‘troppo
breve’) corrispondente alla prima e l’inverno, a sua volta, alla seconda. Il
ciclo delle stagioni è congruente con il ciclo esistenziale. Baudelaire
estrapola da questo lo stato d’animo travagliato che è nesso all’arrivo della
morte. Giunge ad una conclusione chiara: l’uomo è affannato dal decesso.
Nonostante
la netta opposizione tra vita e morte, questi due temi sono spesso accostati
l’uno all’altro: l’elemento del legno riappare piu’ volte e non è altro che un
albero abbattuto e quindi natura (sinonimo di vita) ormai morta. Ad accentuare
lo spegnersi della vita che lascia spazio alla morte è la caduta del legno.
Questo movimento è di tipo verticale: dall’alto verso il basso, ed è un
lasciarsi andare, un darsi pervinti, un arrendersi innanzi alla morte
(superiore al suo opposto) in questo caso. Il medesimo movimento verrà ripreso
nel IX° verso: ‘ceppo che cade’ rendendo piu’ evidente l’abbattimento che è
avvenuto dell’albero (un ceppo è parte di un tronco che è stato abbacchiato) e
quindi sottolineando il sorpasso che la morte ha sulla vita.
Grazie
a questo concetto essenziale ,costituente il tema principale, si crea un climax. Le immagini relative al legno
sono quelle de: ‘la legna’, ‘ogni ceppo’, ‘dell’ariete’ ed infine ‘della bara’.
Il ceppo sottolinea la demolizione dell’albero, l’ariete è un’arma da guerra
che quindi ha la funzione di provocare la morte e la bara è semplice simbolo di
una morte avvenuta. Il climax quindi, ha l’effetto di un avvicinarsi graduale
(con la progressione della lirica) alla morte; si evidenzia così l’angoscia che
avanza in modo lento e regolare ed è quindi piu’ sofferta e cruda. A rinforzare
l’ascesa verso la morte vi è l’asindeto dei versi V e VI che descrivono le
caratteristiche piu’ esiziali dell’ estinguersi della vita.
Inoltre
la similitudine tra ‘inverno’ ed ‘inferno polare’ è data
dall’accostamento ad entrambe della medesima caratteristica: il freddo; ed
anche dall’assonanza e la parziale consonanza (‘hiver’ , ‘enfer’ ) tra le due parole. Oltretutto, l’inverno
rappresenta la morte,
attraverso tutta la lirica, e così anche l’inferno (semplicemente per sua
natura). Le evidente corrispondenze di significato e le somiglianze tra varie
parole, che riportano al concetto di morte, dimostrano che quest’ultima è
onnipresente ed invincibile: non vi è via di scampo; ancora, s’incrementa così l’angoscia. Inoltre
‘inferno polare’ è un ossimoro che descrive la morte sia come ardente (tramite
l’immagine relativa dell’inferno) ed anche ‘polare’ e quindi gelida. Cosi’
facendo la morte è vestita di caratteristiche estremamente opposte e acquisisce
moltissima importanza poichè sembra ricoprire tutto (da un’estremità
all’altra), essere ovunque. Questa stessa immagine è già presente nei versi
precedenti (VII e VIII) che descrivono anche il cuore del poeta stesso come sia
rosso (quindi fuocoso, scottante) sia gelido. Il cuore risulta quindi
corrispondente all’ ’inferno polare’ (che non è altro che la morte stessa).
Così, Baudelaire, denuncia la sensazione di morte dentro di sè, nel suo cuore.
Una morte talmente forte da esser capace di divampare nel cuore: simbolo
dell’essenza vitale per antonomasia. Questa forza è accentuata e resa molto
piu’ concreta, ‘viva’ in qualche modo, poichè ‘il mio cuore sarà solo un blocco
rosso e gelido’ è una collettività di: una metafora, un’ossimoro ed una sinestesia.
La sovrapposizione di cotante figure retoriche esagera incredibilmente la
sensazione di morte, quasi tritonica, ch’egli prova in sè.
Inoltre,
l’onnipresenza della morte è resa insistente attraverso il ritmo e la fonetica
della lirica. Innanzi tutto i versi riferiti alla vita sono molto piu’ brevi e
terminano con suoni netti, rispetto a quelli che trattano l’elemento
contrastante (notabile soprattutto nel I° verso). E’ evidente che Baudelaire
preferisce accordare rumori secchi, lugubri ‘coups’ e ‘chocs’ alla sua poesia.
Oltretutto, la ripetizione della presenza di un’eco, prima nominata nel verso X
e poi ripresa con un expolitio nel verso XVI (viene fatto un ritocco e viene
aggiunto un dettaglio per meglio descrivere il suono : ‘un’eco di trapasso’.)
accentua l’onnipresenza e l’imminenza della ‘fine’.
Baudelaire
prova immensa solidarietà per la condizione umana, che è inoltre la sua
medesima, dominata dallo Spleen. La lirica ‘Chant d’Automne’ ha una grande
musicalità se letta in lingua originale, e sembra quasi essere un inno, una
venerazione. Il poeta fa molte previsioni quanto all’inverno imminente,
rappresentante la morta. Egli sembra invocare la morte, quasi come se questa
fosse l’unico vero mezzo d’evasione reale, l’unica vera via di liberazione
contro lo Spleen. L’angoscia espressa costantemente ed ossessivamente
attraverso il ritmo, i simboli, la fonetica, le immagini si scopre poi esser
relativa alla condizione esistenziale, alla vita stessa. Baudelaire vede la
vita come un susseguirsi di stagioni: un ciclo continuo che illude, sembra
offrire cambiamenti, liberazione , ma è soltanto ingannevole. La forza, la
superiorità, l’onnipresenza della morte nella poesia permette di capire la
visione del poeta: la morte è presente in ogni stagione, continuamente,
inesorabilmente, poiché la morte è la vita stessa. È morte quella condizione
esistenziale che è ‘ennui’, condanna eterna alla noia: la morte è la condizione
di vita umana affetta dallo Spleen.
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