lunedì 16 febbraio 2009

Commento alla lirica 'Canto d'Autunno' di Charles Baudelaire - by Alessandra Cestaro


La lirica ‘Canto d’Autunno’ fa parte della sezione ‘Spleen et Ideal’ della raccolta ‘I fiori del male’. La collocazione della poesia premette automaticamente che al suo interno si potranno trovare sfumature dei temi, polarmente opposti, dell’Ideale o dello Spleen; tipicamente Baudelariani.
Lo Spleen è il malessere che rende tale ed unica la condizione dell’essere umano, è l’angoscia di vivere compenetrante la noia che affligge l’esistenza di questi. Baudelaire descrive la sensazione, con meticolosa definizione dei dettagli, nella lirica ‘Spleen LXVIII’. Inoltre, denuncia l’inevitabile sottomissione dell’uomo a questa ed il suo essere incapace di avvertirla consciamente. Lui stesso, differentemente dagli altri, è consapevole del dominio che lo ‘Spleen’ ha sulla vita umana e manifesta l’angoscia portatagli da tale situazione attraverso le sue opere.
In ‘Chante d’Autumne’ è resa evidente l’associazione, a questa stagione, di un’ identità in sè antistante: l’autunno come lo sbiadirsi del ricordo lontano dell’estate assieme al suo acclamare l’inverno incombente.  E’ quest’ultimo attributo dell’Autunno ad essere introdotto per primo alla lirica, dando così maggiore importanza all’angoscia, al mistero che arriverà con l’inverno. Minor rilievo è dato alla piacevolezza del ricordo (relativo all’estate) che assume le vesti di una nostalgia pungente, quasi fastidiosa.
L’antitesi dell’argomento trattato è evidente a priori nel titolo stesso. La parola ‘Canto’ non è preceduta da alcun articolo ed in questo modo vi è attribuita esclusività ed universalità, quasi ad indicare che è l’unica versione esistente di ‘canto’. Quest’ultimo, inoltre, è strettamente legato all’area semantica dell’udito, della musica che racchiude in sè le caratteristiche di armonia, di arte, di talento. Queste facoltà sono proprie anche della poesia, poichè essa origina proprio dalla musica. ‘Canto’ quindi si riferisce ad un componimento di forma ritmata che ha una funzione espressiva. La melodicità, la pace e la piacevolezza sono però in contrasto con le caratteristiche dell’Autunno. Questa stagione porta la morte della natura, è caratterizzato dalla carenza di luce, l’oscurità e la sensazione di avvilimento e cupezza ch’esse implicano.
L’antitesi ‘Canto d’Autunno’ implica quindi una partizione tra conformità ed avvilimento. Inoltre, l’assenza di un articolo a priori di ‘Canto’ porta a descrivere l’esistenza di quest’ultimo come possibile soltanto se trattante l’Autunno. L’idea trasmessa è quella di eritmia come fenomeno dipendente dalla desolazione. Il titolo introduce un componimento che avrà un fine espressivo di sensazioni quali il disagio, la malinconia, l’afflizione; nonchè costituenti dello ‘Spleen’.
Quest’angoscia è costante nella poesia ed immediatamente introdotta attraverso l’utilizzo del pronome quantitativo ‘poco’ nel primo verso. Questo indica la scarsità, che porta insoddisfazione, relativa al tempo mancante all’inverno (che è imminente). Inoltre, ‘ancora un poco’ allarma di un urgente arrivo, richiamando così l’attenzione del lettore una prima volta, per poi esagerare l’immedesimazione di questi all’interno della composizione. Questo avviene per mezzo dell’utilizzo della prima persona plurale come soggetto sottointeso: ‘c’immergeremo’. Per lo piu’, il verbo ‘immergersi’ è riflessivo, implicando così l’attività del soggetto nel compiere l’azione dello ‘sprofondare’, dell’ ‘affondare’, essendo quindi qualcosa di comunque difficilmente irriversibile e quindi di imprigionante, che avvolge interamente e con forza. L’inevitabilità di questo evento è sottolineata dalla scelta del verbo al futuro che la presenta come una premonizione, una visione.
La destinazione dell’inabissarsi precoce e premeditato è : ‘le fredde tenebre’. La sinestesia corrispondente a questo luogo accresce la partecipazione del lettore. L’aggettivo ‘fredde’ indica una percezione data dal tatto mentre ‘le tenebre’, nonostante la loro proprietà di oscurità sono associate all’area semantica della vista. La percezione avviene, quindi, attraverso una combinazione di sensi che ne migliora così l’efficienza. Le tenebre inoltre sono astratte poichè corrispondenti ‘al buio’ ma vi è data una delimitazione quantitativa dalla loro rappresentazione al plurale :’fredde tenebre’. Vengono, di conseguenza, avvertite come una molteplicità, una collettività di astrattaggine.  Inoltre non sono esperibili empiricamente e di conseguenza non portano ad alcun tipo di conoscenza. Quest’immagine da origine alla sensazione del mistero, tema importante che si sviluppa nella lirica. Questo motivo porta al radicarsi della sensazione dell’angoscia: le ‘fredde tenebre’ hanno come unica caratteristica attribuitavi, la gelidità (che porta disagio e fastidio) e l’astrattaggine (che rappresenta l’incomprensione e l’impossibilità di conoscenza). Il provare disagio e non comprenderne l’origine porta ad una sensazione di angoscia elevatissima.
                La ‘luce’ nel II° verso possiede le connotazioni di brillantezza, è sinonimo di conoscenza, di chiarezza ed è descritta come ‘viva’. L’antitesi che si forma tra questa e ‘le tenebre’ è evidente; per lo piu’ rendendo quest’ultime la rappresentazione della morte. Altri elementi soggiungono ad evidenziare il contrasto tra il tema della vita e quello della morte: l’estate (‘troppo breve’) corrispondente alla prima e l’inverno, a sua volta, alla seconda. Il ciclo delle stagioni è congruente con il ciclo esistenziale. Baudelaire estrapola da questo lo stato d’animo travagliato che è nesso all’arrivo della morte. Giunge ad una conclusione chiara: l’uomo è affannato dal decesso.
                Nonostante la netta opposizione tra vita e morte, questi due temi sono spesso accostati l’uno all’altro: l’elemento del legno riappare piu’ volte e non è altro che un albero abbattuto e quindi natura (sinonimo di vita) ormai morta. Ad accentuare lo spegnersi della vita che lascia spazio alla morte è la caduta del legno. Questo movimento è di tipo verticale: dall’alto verso il basso, ed è un lasciarsi andare, un darsi pervinti, un arrendersi innanzi alla morte (superiore al suo opposto) in questo caso. Il medesimo movimento verrà ripreso nel IX° verso: ‘ceppo che cade’ rendendo piu’ evidente l’abbattimento che è avvenuto dell’albero (un ceppo è parte di un tronco che è stato abbacchiato) e quindi sottolineando il sorpasso che la morte ha sulla vita.
                Grazie a questo concetto essenziale ,costituente il tema principale, si  crea un climax. Le immagini relative al legno sono quelle de: ‘la legna’, ‘ogni ceppo’, ‘dell’ariete’ ed infine ‘della bara’. Il ceppo sottolinea la demolizione dell’albero, l’ariete è un’arma da guerra che quindi ha la funzione di provocare la morte e la bara è semplice simbolo di una morte avvenuta. Il climax quindi, ha l’effetto di un avvicinarsi graduale (con la progressione della lirica) alla morte; si evidenzia così l’angoscia che avanza in modo lento e regolare ed è quindi piu’ sofferta e cruda. A rinforzare l’ascesa verso la morte vi è l’asindeto dei versi V e VI che descrivono le caratteristiche piu’ esiziali dell’ estinguersi della vita.
                Inoltre la similitudine tra ‘inverno’ ed ‘inferno polare’ è data dall’accostamento ad entrambe della medesima caratteristica: il freddo; ed anche dall’assonanza e la parziale consonanza (‘hiver’ , ‘enfer’ ) tra le due parole. Oltretutto, l’inverno rappresenta la morte,                attraverso tutta la lirica, e così anche l’inferno (semplicemente per sua natura). Le evidente corrispondenze di significato e le somiglianze tra varie parole, che riportano al concetto di morte, dimostrano che quest’ultima è onnipresente ed invincibile: non vi è via di scampo; ancora,  s’incrementa così l’angoscia. Inoltre ‘inferno polare’ è un ossimoro che descrive la morte sia come ardente (tramite l’immagine relativa dell’inferno) ed anche ‘polare’ e quindi gelida. Cosi’ facendo la morte è vestita di caratteristiche estremamente opposte e acquisisce moltissima importanza poichè sembra ricoprire tutto (da un’estremità all’altra), essere ovunque. Questa stessa immagine è già presente nei versi precedenti (VII e VIII) che descrivono anche il cuore del poeta stesso come sia rosso (quindi fuocoso, scottante) sia gelido. Il cuore risulta quindi corrispondente all’ ’inferno polare’ (che non è altro che la morte stessa). Così, Baudelaire, denuncia la sensazione di morte dentro di sè, nel suo cuore. Una morte talmente forte da esser capace di divampare nel cuore: simbolo dell’essenza vitale per antonomasia. Questa forza è accentuata e resa molto piu’ concreta, ‘viva’ in qualche modo, poichè ‘il mio cuore sarà solo un blocco rosso e gelido’ è una collettività di:  una metafora, un’ossimoro ed una sinestesia. La sovrapposizione di cotante figure retoriche esagera incredibilmente la sensazione di morte, quasi tritonica, ch’egli prova in sè.
                Inoltre, l’onnipresenza della morte è resa insistente attraverso il ritmo e la fonetica della lirica. Innanzi tutto i versi riferiti alla vita sono molto piu’ brevi e terminano con suoni netti, rispetto a quelli che trattano l’elemento contrastante (notabile soprattutto nel I° verso). E’ evidente che Baudelaire preferisce accordare rumori secchi, lugubri ‘coups’ e ‘chocs’ alla sua poesia. Oltretutto, la ripetizione della presenza di un’eco, prima nominata nel verso X e poi ripresa con un expolitio nel verso XVI (viene fatto un ritocco e viene aggiunto un dettaglio per meglio descrivere il suono : ‘un’eco di trapasso’.) accentua l’onnipresenza e l’imminenza della ‘fine’.
                Baudelaire prova immensa solidarietà per la condizione umana, che è inoltre la sua medesima, dominata dallo Spleen. La lirica ‘Chant d’Automne’ ha una grande musicalità se letta in lingua originale, e sembra quasi essere un inno, una venerazione. Il poeta fa molte previsioni quanto all’inverno imminente, rappresentante la morta. Egli sembra invocare la morte, quasi come se questa fosse l’unico vero mezzo d’evasione reale, l’unica vera via di liberazione contro lo Spleen. L’angoscia espressa costantemente ed ossessivamente attraverso il ritmo, i simboli, la fonetica, le immagini si scopre poi esser relativa alla condizione esistenziale, alla vita stessa. Baudelaire vede la vita come un susseguirsi di stagioni: un ciclo continuo che illude, sembra offrire cambiamenti, liberazione , ma è soltanto ingannevole. La forza, la superiorità, l’onnipresenza della morte nella poesia permette di capire la visione del poeta: la morte è presente in ogni stagione, continuamente, inesorabilmente, poiché la morte è la vita stessa. È morte quella condizione esistenziale che è ‘ennui’, condanna eterna alla noia: la morte è la condizione di vita umana affetta dallo Spleen.  

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